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venerdì 25 gennaio 2008

IL COLOSSO RISCHIA IL COLLASSO


Dal 1918 l’economia americana traina quella mondiale senza rivali. Nel 2006 era al primo posto con un PIL di 13.020 miliardi di $, PIL in crescita dal 1992 con una media annua di +3,3%.
I motivi della sua crescita sono da attribuire principalmente alla liberalizzazione, seguita dai consumi. Sono infatti questi due elementi a sviluppare produttività e concorrenza nel mercato.
Inoltre, il popolo americano spende più di quanto guadagna, basti pensare che i 2/3 del PIL si devono ai consumi familiari.
Il gran colosso però rischia il collasso e i motivi sono tanti: primo fra tutti la sanità.
Lo stato americano spende ogni anno 2.100 miliardi di $ per la sanità; nonostante tutto 1/3 dei suoi lavoratori è senza assistenza sanitaria e il 63 % della popolazione gode di una polizza pagata dal datore di lavoro ma questo è possibile solo per quelli giovani e forti. La copertura sanitaria statale esiste solo per gli over 65 e per i poverissimi: quasi il 20% degli abitanti. A questo occorre aggiungere il veto messo da Bush per il 2007 sull’assistenza sanitaria per 4 miliardi di bambini poverissimi.
Accanto al problema sanità quello relativo alle disuguaglianze è sintomatico di una condizione di crisi. Nel 1973 al 20% della popolazione più ricca andava il 44% del reddito, nel 2003 il 50%; mentre per quanto riguarda la parte povera oggi spetta a loro il 3,5% del reddito a fronte di un 4,2% nel 1973. Il senso di questi dati è molto semplice: i ricchi tendono a diventare sempre più ricchi mentre i poveri patiscono la fame. Questo non deve sconvolgere; del resto lo stipendio di un manager nel 2002 era 453 volte lo stipendio medio. In più i ricchissimi pagano meno tasse perché a differenza degli italiani che si affidano al mattone(e investono in immobili) loro investono in borsa e dunque contribuiscono enormemente allo sviluppo economico del paese. Potremmo dedurne che, alla fine, una parte della popolazione americana sia ricca? E no, infatti, sono i padri ad essere ricchi rispetto ai figli. Quindi: i capi famiglia aumentano il loro budget a disposizione anche grazie al lavoro femminile ma si dimenticano che più loro guadagnano più i loro figli perdono. Più loro producono più gli stipendi dei giovani diminuiscono.
I motivi per parlare di un possibile collasso ci sono, ma io non ne sarei così tanto entusiasta. Se crolla l’America trascina dietro tutto il mondo, Italia compresa. Se malauguratamente dovesse arrivare un nuovo ordine monetario che vede al centro l’euro e non più la sterlina, a risentirne sarebbero le nostre ditte esportatrici, perché avrebbero difficoltà a vendere i prodotti a causa dell’aumentato del valore dell’euro. Se il suo contributo è o, meglio dire, era fondamentale per il benessere mondiale è perché dipendiamo da lei; dalla sua economia e dalla sua moneta. Dobbiamo, in conclusione, credere a quello che gli economisti dicono e cioè che dopo lo scoppio della bolla immobiliare e la crisi dei crediti sub-prime si prepara una crisi che colpirà l’America intorno al 2008/2009?

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