La fotografia è un segreto che parla di un segreto. Più essa racconta, meno è possibile conoscere.

venerdì 30 novembre 2007

Foto segnaletica per Bush.



Scoppia la polemica per la mostra fotografica di due artisti americani allestita alla New York Library. Presidente e vertici della Casa Bianca immortalati in modo più che inconsueto......sono foto segnaletiche!

Anche i latitanti guardano la tv..

Michele Catalano, appartenente al clan Lo Piccolo, è stato preso ieri sera proprio mentre guardava la fiction "Il capo dei capi". Quando i carabinieri sono entrati nell'abitazione della donna che lo nascondeva, lui non si è accorto di nulla: troppo preso dal racconto.Accusato di aver partecipato per conto della famiglia di San Lorenzo alla gestione di estorsioni e traffico di stupefacenti, ora si trova nel carcere Ucciardone.

giovedì 29 novembre 2007

L’ITALIA DELLE INTERCETTAZIONI

Intercettazioni… e ancora intercettazioni. Dal calcio alla politica, ed ora anche la tv.
Non ci sconvolge il fatto che Rai e Mediaset comunicassero per stabilire e organizzare i palinsesti, non siamo stupidi, ce ne eravamo accorti, da molto tempo: non è un caso che proponessero gli stessi format. Non riusciamo però a dire addio al tanto “caro” PLURALISMO.
Com’è possibile che l’ex segretaria di Silvio Berlusconi sia oggi alla dirigenza Rai?

POVERO FILIBERTO…..

Italiani insensibili!!!!!
Per nostra colpa il “povero” Filiberto di Savoia ha dovuto abbandonare l’Italia e studiare nelle migliori scuole svizzere.Così la famiglia reale ha chiesto allo Stato italiano un risarcimento di
270 milioni di euro più il Quirinale.
Ma state scherzando?
Avete anche il barbaro coraggio di chiedere soldi al popolo italiano?

sabato 24 novembre 2007

...quello che resta del campo rom...


Ecco il video realizzato da un gruppo di diligenti studenti universitari.....me compresa.
Ci siamo finti giornalisti d'assalto e siamo andati sul luogo dell'omicidio di Giovanna Reggiani a Roma. Le immagini mostrano ciò che resta del campo rom dopo lo sgombero. Buona visione.

...e la lotta continua.

ieri.......










come oggi.....













gli studenti francesi scendono in piazza contro le scelte sbagliate del loro governo....
Bloccano l'entrata all'università, si scontrano con la polizia..

Anche loro come i sessantottini uniti e forti contro il potere.
Le analogie però finiscono quì. Se nel '68 si manifestava per il desiderio di prendere in mano la proria vita, di vedere aperte le porte che la società e la morale tenevano chiuse; oggi non si deve combattere contro limiti morali o una società conservatrice ma contro la precarietà e la disoccupazione di massa. I giovani di oggi, a detta di Cohn-Bendit - hanno una vita molto più difficile, molto più dura rispetto ai giovani del Sessantotto.

"Gli studenti rivendicano l'abolizione della legge Pécresse, riguardante le Libertà e Responsabilità delle Università (Lru).
Con la legge approvata l'11 agosto si assisterà ad una progressiva ed inevitabile privatizzazione delle università che diverrebbero prorietà delle multinazionali; alla consacrazione di università-imprese sempre più regolate dalle leggi del mercato capitalistico, all'aumento delle tasse d'iscrizione. Preclude il basilare diritto allo studio per tutti, trasforma sempre più l'istruzione in un’istituzione elitaria e soprattutto in un'appendice del mercato dal quale i privati possano attingere a piene mani per accrescere le proprie rendite ed i propri profitti.
Da un paio di settimane gli studenti universitari francesi si stanno mobilitando in modo continuo, radicale e duraturo per l'abolizione di questa legge. Le mobilitazioni in tutta la Francia si stanno traducendo in numerose assemblee studentesche dove si è spesso deciso per l'occupazione degli atenei; così è accaduto alla Sorbona (Paris IV), alle università di Tolosa, Rennes, Lille, Tours, Rouen, Caen, Strasburgo, Lione, Nancy, Perpignan, Nantes, eccetera.
Ovviamente la borghesia ha dimostrato anche in questo frangente un suo tratto caratteristico e distintivo, quello cioè della repressione di massa nei confronti di chiunque esprima un dissenso rispetto all'ordine di cose unilateralmente imposto. L'intervento della polizia è stato infatti una costante in questo inizio di mobilitazione e dimostra la giustezza delle tesi da parte di chi non riconosce nello stato borghese neanche uno spiraglio di concertazione con delle istituzioni che in materia d'istruzione, politiche sociali (espulsioni di massa dalla Francia anche da parte di gente che lì vive da venti anni), politiche economiche hanno dimostrato la loro chiara e netta natura di classe. La risposta del movimento studentesco francese è improntata all’unificazione delle proprie rivendicazioni con quelle dei lavoratori dei trasporti in piazza anch’essi contro la riforma delle pensioni voluta da Sarkozy. È questo quello che sta accadendo in questi giorni, con gli studenti al fianco dei lavoratori dei trasporti in lotta contro la riforma delle pensioni. Soltanto questo connubio può permettere di raggiungere la giusta forza e coesione al movimento, garantendo un supporto di massa che solo la classe lavoratrice, nel suo complesso, può offrire. L’intera nazione è stata letteralmente messa di fronte alla dirompenza della classe lavoratrice e degli studenti, assistendo non solo all’occupazione di numerosi atenei, all’unificazione delle lotte, ma anche ad uno sciopero nel campo dei trasporti che ha letteralmente paralizzato la Francia. Si ha così la dimostrazione del fatto che, se guidata da organizzazioni non asservite alle logiche delle classi dominanti, i lavoratori odierni e quelli futuri (cioè gli studenti) possono raggiungere quella radicalità necessaria per rivendicare i diritti che questa società non riconosce loro." da www.collettivofuorilogo.noblogs







giovedì 22 novembre 2007

scontri, scontri e ancora scontri.......


.....
Quado finiranno gli scontri? Quando capirete che calcio non è sinonimo di violenza? Qunti morti ancora dovrete fare prima di pensare alla pace? Così facendo state distruggendo il piacere della gente comune di andare allo stadio.

venerdì 9 novembre 2007

Per gli amanti del jazz

Il JAZZ…..come definirlo! Mi sono accostata per la prima volta a questa categoria musicale entrando in un jazz club di Firenze…e ne sono rimasta folgorata. Un suono capace di esprimere musicalità, varietà ma soprattutto tanta, tanta pace interiore.
E come poteva mancare nel vasto panorama musicale fiorentino un evento che focalizzasse la sua attenzione su artisti ed esperienze jazziste che oggi, più che mai, attirano un vasto pubblico, anche molto giovane.
“Musicus Concentus” ne è un riuscitissimo esempio. Per la sua edizione 2006 ha preparato un fitto elenco di performer noti ha chi mastica bene di jazz. Anthony Coleman, Marco Cappelli con “EGP Estreme Guitar Project”, il trio Tsahar/Moore/Taylor….cosa ci riserverà per l’edizione di quest’anno?????????? Un insieme di concerti da non perdere, sicuramente, perché capaci di far vibrare il cuore, allietare, ma anche contristare e far riflettere…..come solo il jazz sa fare.

“MUSICA DEI POPOLI” :l'ombellico del momdo

Quante volta ci è capitato di immaginare un luogo in cui tutte le razze potessero esprimersi liberamente, povero di convenzioni e pregiudizi, nel quale ogni individuo è se stesso e in quanto tale va rispettato perché frutto di un’esperienza personale e individuale di cui possiamo solo fare tesoro. Tutto questo è “Musica dei popoli” perché tutto questo è sempre stata la flog; spazio nel quale si svolge questa iniziativa.
“Musica dei popoli” in collaborazione con la F.L.O.G. è senza dubbio un evento storico per il popolo fiorentino che dopo trent’anni di attività è diventato un appuntamento di risonanza mondiale. Nato nel 1979, viene concepito per divulgare la conoscenza delle musiche popolari di tutto il mondo. Importando per primo i suoni di gruppi asiatici, latinoamericani, africani ed europei in genere, ha contribuito a diffondere un dialogo fra i popoli di tutto il mondo ribadendo il concetto di “relativismo etnico”. La musica non è solo divertimento ma cultura ed è anche per questo motivo che tale iniziativa ha ottenuto un riconoscimento dalla Farnesina e il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri.”Musica dei popoli” è riuscita nel suo intento di far conoscere a tutti i suoni, le armonie e le usanze di tutti. E’ un festival internazionale in ogni suo aspetto: gli artisti che si esibiscono vengono da tutto il mondo, il pubblico che assiste è eterogeneo in quanto a nazionalità e di alcuni spettacoli si è parlato nei più famosi quotidiani d’oltralpe. Dal folk-revival degli anni settanta, alla world music degli anni ottanta, al neotarantismo degli anni novanta. HABIB KOITE’, DOBET GNAHORE’, VUSI MAHLASELA, URNA con TRIO CHEMIRANI, gli ARMIRE’, PETRONA MARTINEZ, MIMMO CUTICCHIO, DEE DEE BRIDGWATER.
“Musica dei popoli” ci offre la possibilità di vivere forti e indimenticabili emozioni in un’atmosfera rilassata e fraterna in cui realmente, anche se per poco, si può credere di essere uniti e felici.

Ritratto di Oriana Fallaci


Oriana Fallaci nasce il 29 giugno del 1929, il padre, Edoardo Fallaci, possedeva una piccola bottega che non fruttava tanto, ma era anche uno dei capi della Resistenza a Firenze, capo militare del Partito d’Azione, l’unico a cui la scrittrice si scriverà. Nel 1943-1944 partecipa alla Resistenza e intanto studia molto seriamente e con devozione. E’ staffetta di città e di montagna e porta armi, giornali clandestini e messaggi ai compagni nascosti. Nel 1948 prende la maturità al liceo Galilei di Firenze e si iscrive alla facoltà di medicina pur sapendo che il padre non le può pagare di studi. Lei deve, infatti, mettersi a lavorare e l’ unica cosa che può fare, l’unica che le viene in mente e la giornalista. Da nipote del grande Bruno Fallaci ha una propensione naturale alla scrittura. Per un primo momento scrive per Il Mattino d’Italia Centrale, va a letto alle quattro del mattino e alle nove e in facoltà fino al pomeriggio. . ma presto si accorge che lavorare e studiare intensamente è difficile e dopo essersi ammalata lascia l’università. Nel 1954 collabora con L’Epoca da Roma, città in cui si è trasferita stanca della solita vita fiorentina. Nel 1955 è a Milano, terra che non riuscirà mai ad amare, nella redazione centrale dell’ Europeo e comincia la sua carriera di inviata di guerra. Nello stesso periodo cominciano le celebri interviste che la renderanno famosa. Incontra Hitchcock, Barbara Streisand, Paul Newman, Frank Capra, Giovanni Leone, Indira Gandhi, Deng Xiaoping, Robert Kennedy, Khomeini, Totò, Alberto Sordi, Mina. Nel 1967 segue la guerra in Vietnam, viene ferita a Città del Messico in uno scontro tra polizia e studenti. Pubblica “I sette peccati di Holliwood”, nel ’71 “Il sesso inutile: viaggio intorno alla donna”, nel 1962 è l’ora di”Penelope alla guerra”, seguito nel ’63 da “Gli antipatici”. Nel 1965 esce “Se il sole muore” e quattro anni dopo “Niente e così sia”. Il 1970 e l’anno di “Quel giorno sulla luna” e il 1974 quello di “Intervista con la storia”. Seguono “Lettera a un bambino mai nato”(1975) il suo primo best seller, “Un Uomo”(1979),” Insciallah”(1990) romanzo sulla guerra in Libano , “La rabbia e l’orgoglio” che riprende gli articoli scritti per il Corriere della Sera dopo gli attentati dell’11 settembre 2001negli Stati Uniti, “La forza della ragione” e “L’Apocalisse” del 2004. Muore nella sua Firenze il 15 settembre del 2006.
La sorella Paola la descriva come una donna piena di contraddizioni, aperta e insieme misteriosa, la più semplice e la più complicata, odiava la fama e il successo verso il quale reagiva con una specie di paura. Ha vissuto gli ultimi 25 anni della sua vita lontana dall’Italia nella sua Manhattan, fuori da quell’Italia e dalla sua Firenze che nessun riconoscimento le aveva attribuito: quell’Italia in cui le lauree ad honorem vengono date a tutti ma non a lei. A lei che era conosciuta da tutti in tutto il mondo. A Qom, a Pechino, dovunque era fermata e riconosciuta dalla folla. Inaugurò l’anno accademico 1981 ad Harvard…ma gli italiani non la amavano, o almeno non tutti. Lei non sa il perché di questo odio…”Forse perché gli italiani non capiscono l’indipendenza di giudizio” dirà più tardi lei in una intervista.
Era una donna molto colta, conosceva tutta la storia. Odiava tutto ciò che è nuovo e tecnologico e per scrivere, cosa a cui non riesce a sottrarsi, usava ancora la sua vecchia macchina da scrivere, non ha mai avuto la segretaria e chi voleva comunicare con lei lo faceva solo perché lei lo desiderava e perché possedeva un codice segreto fatto di un numero preciso di squilli; comprava le sigarette a dodici cartoni la volta perché il fumo l’aiutava a concentrarsi ma non lo aspirava. Severamente giudicava se stessa e gli altri, severamente si vestiva, è sempre vissuta nella guerra, incentrata in una ferrea disciplina militaresca, era una donna antica, tutto ciò che la circondava era antico, dice di aver avuto sempre una spropositata fortuna a passarla liscia in tutti i bombardamenti in cui si è trovata. Sopratutto dicono di lei che fosse una donna leale e sincera; conosceva molta gente famosa ma non l’ha lai tradita raccontando la loro vita privata. Da quando ha scoperto di avere l’alieno in lei (termine che usava per indicare il suo cancro) ha cominciato ad apprezzare tutto quello che gli stava intorno non dando nulla per scontato, neanche il cielo e il vento. Quando si è spenta lo ha fatto fra pochi cari amici, lontano dalla folla e dai suoi ammiratori come ha sempre fatto. Tutti pensano di conoscerla bene a causa del suo modo di scrivere in prima persona; ma è il suo modo di scrivere ed è solo un trabocchetto per nascondere se stessa un’altra volta e per sempre.

UN GUITTO AL PIANOFORTE E UN CANTANTE IN COLBACCO:VINICIO CAPOSSELA


“Voglio esserci anch’io, come in una parata, come un addio. Tra il tamburo maggiore e i palatini. Cantare tristi ballate mentre la notte gonfia le nuvole che migrano a folate. Prenderò questa discesa senza più fermarmi, caracollante tra i reggimenti dispersi…Un lamento che si canta in coro, ma si balla da soli. Bene, da sotto il soffitto a cassettoni, sento salirmi addosso un’Epopea. Sento fanfare soffiare dentro grossi tromboni che puliscono dal sonno, sento tanghi di gioventù come peccati. Sento clarini e bottoni luccicanti, sento vetri infanti. Questo non è un concerto. E’una capitolazione a parte.”COME UNA PARATA COME IN UN ADDIO è proprio il titolo del nuovo tour di VINICIO CAPOSSELA che lo vedrà esibirsi sul palco del Sashall (Firenze) l’8 dicembre. Il circense gitano nasce ad Hannover il 14 dicembre ma cresce artisticamente nei circuiti underground dell’ Emilia Romagna. Sentimentale, bizzarro e ironico Vinicio Capossela è il più dotato dei cantautori italiani della sua generazione (a dire di molti) ma la fama tarda ad arrivare. Nel 1990 esce All’una E Trentacinque Circa, grazie all’incontro con Francesco Guccini e Renzo Fattini (poi suo produttore), che gli vale il premio Tenco come migliore opera prima. Segue nel 1991 Modì uno dei migliori album della sua carriera contenente “…e allora mambo”. Ma l’anno della sua consacrazione è il 1994 in cui pubblica Camera a sud trascinato dal singolo “che cos’è l’amor” un’amara metafora sull’amore e su tutti i suoi risvolti. La musica di questo istrionico cantautore riesce a fondere insieme lo swing con il mambo, il tango e il twist, marce e ballate. Gli anni che seguono permettono a Vinicio Capossela di farsi conoscere anche in Italia al di fuori dei piccoli locali che lo ospitavano prima con Il ballo Di San Vito del 1996, Liveinvolvo del 1998 e Canzoni A Manovella del 2000. Grazie all’album del 1996 Capossela si conferma esponente verista della musica italiana:racconta le storie della vita comune,di giornate senza pretese.. in un clima di sagra paesana si ambienta il “Ballo di San Vito” una pulsazione ossessiva che si trasmette a tutto il corpo. Ma anche l’orecchiabilissimo “Marajà” e “Suona Rosamunda” (ispirata a “Se Questo è un Uomo” di Primo Levi) dimostrano come il nostro artista non si limiti a fare solo ilclown. Gli ultimi due capolavori L’Indispensabile (2003) e Ovunque Proteggi uscito quest’anno, confermano tutta la fiducia e l’amore che il pubblico ha riversato nell’artista. L’ultimo album non fa che ricordarci quello che Vinicio ci ha sempre raccontato…vicoli chiassosi, pagliacci e marajà perché lui è come tutti noi.. osserva quello che lo circonda e lo critica, gli piace lasciarsi trasportare dall’ebbrezza dell’alcool quando non regge più il peso dei pensieri ma quando serve si ferma e scrive dei capolavori di canzoni. Quando ho ascoltato “L’uomo vivo. Inno alla gioia” per la terza volta (le sue sono infatti canzoni che devi ascoltare più di una volta che comprenderne il senso assoluto) mi è tornato un mente un dipinto di James Ensor “L’entrata di Cristo a Bruxelles nel 1889” opera simbolista dallo stile brutale, satira dell’ipocrisia e dell’immoralità della società…con al centro della tela la figura di Cristo ignorata dalla folla. Anche Vinicio Capossela nel testo in questione ironizza sulla figura di un Gesù che lasciato il calvario e il sudario, abbandonato dal Padre Eterno viene preso sui dorsi della folla e lanciato in aria…. perchè anche lui, pur essendo Cristo, è pazzo di gioia perché è un uomo vivo.

sabato 3 novembre 2007

Fatti quattro risate



Questo bimbo è davvero mitico.............

giovedì 1 novembre 2007

Eliminare il precariato.La nuova sfida della politica economica

Quando si parla di economia e di politica economica vengono subito in mente tre parole chiave, rappresentative della condizione italiana e cause
del malgoverno che ha retto il nostro paese dal 2002 ad oggi: precariato, disoccupazione e debito pubblico.
A partire dalla seconda guerra mondiale il sistema economico italiano, retto dall’agricoltura, si è modificato fino ad arrivare al boom economico che ci ha permesso di ricominciare, timidamente, a parlare di crescita. Dal 2002, però, il pil ha iniziato a diminuire fino a raggiungere lo stato di recessione.
In un paese in cui la mancata crescita è da attribuire principalmente ad uno squilibrio netto tra esportazioni ed importazioni, a favore naturalmente delle prime, il motore che potrebbe, col tempo, riportare l’aumento del pil è costituito
dalla forza lavoro. Verosimilmente l’aumento del potere d’acquisto dei lavoratori significherebbe aumento delle spese e quindi circolazione di moneta. Secondo questo ragionamento il primo elemento che la politica economica dovrebbe eliminare è il precariato. Rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea e degli Stati Uniti il nostro possiede i redditi più bassi non solo in valore assoluto ma anche in termini di potere d’acquisto; condizione resa ancora più critica dai precari, impossibilitati
ad accumulare risparmi. Un recente studio ha stabilito che i precari in Italia sono 2.809.000 ai quali occorre aggiungere 948.000 persone appena uscite da una condizione di precariato e in attesa di una nuova occupazione. Niente di più attuale vista la campagna iniziata con il deputato no-global del Prc Caruso e il “Precarity day” che ha impegnato la capitale dall’8 ottobre e che si concluderà solo
il 20 del mese, giorno della manifestazione contro la Legge Biagi (legge 30/2003). Il movimento si oppone soprattutto al Protocollo sul Welfare siglato
da Governo e parti sociali il 23 luglio ma critica apertamente anche la legge 30 del 2003, vista come l’artefice del precariato. L’ordinamento giudiziario introduce, in effetti, la flessibilità nel mercato dell’occupazione come mezzo migliore per agevolare la creazione di posti di lavoro in base ad una visione smithiana e liberista del mercato e riduce la possibilità di intervento della magistratura nelle
questioni contrattuali. Al di là delle legge in sé che pur contiene i suoi pregi e i suoi difetti,la condizione dei giovani italiani, oggi, è quella, più spesso documentata, anche ultimamente da Maurizio Ricci, di “generazione debito”. Giovani
sempre più precari e impoveriti che vivono grazie ai prestiti necessari anche per comprarsi l’i-pod.
Non ci resta che attendere gli effetti benefici del protocollo Welfare: almeno si spera.