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venerdì 25 gennaio 2008

BONUS E MALUS DELLA “MERAVIGLIA DEL XXI SECOLO”


Negli ultimi anni gli economisti hanno iniziato a considerare la Cina come un paese da imitare, in quanto modello di crescita e sviluppo. Quando si parla di lei si usano espressioni come “meraviglia del XXI secolo”, “fabbrica e motore del mondo”; si esalta il suo modello economico e la forza del gruppo politico.
Non sbagliano coloro che vedono in questo territorio il futuro. Infatti: si prevede che nel 2020 gli studiosi cinesi possano sbarcare sulla luna; è stata costruita su questo territorio una diga detta dei “records” per le sue dimensioni; la sua banca centrale è la più ricca del mondo con 1.400 mldi di riserve; il made in China raggiunge i191 mldi.
Dove vanno, dunque, ricercati i motori della crescità?
Probabilmente nei suoi giacimenti di carbone, nel nucleare, nel basso costo della manodopera, nel suo volume d’ esportazioni, nei suoi bassi dazi, negli investimenti. Ciò non toglie che l’importanza della Cina, oggi, è tale da assogettare anche l’America. Il termine scelto non sarà, sicuramente, dei piu azzeccati, visto che dall’altra parte abbiamo il grande colosso americano; ma è anche vero che questo dipende in tutto e per tutto dalla Cina. La sua economia è tenuta a galla da quella cinese soprattutto perché investe e compra in dollari.
Se, infatti, il made in China è sinonimo di contraffatto, nello stesso tempo, questo, giova alle multinazionali e ai consumatori ed inoltre, contribuisce ad esportare disinflazione, abbassando i prezzi delle merci. E’ sbagliato, infatti, pensare che l’invasione dei prodotti cinesi nel nostro mercato abbia portato ad una riduzione dell’acquisto di prodotti italiani o europei. La verità è che a risentire di queste esportazioni sono stati per lo più i prodotti arrivati dai paesi del terzo mondo.
Sfatato questo mito, però, sarebbe opportuno girare la medaglia cinese e scoprire il suo lato oscuro. La Cina è, contemporaneamente, il 3° paese al mondo per il suo Pil e il 1° per produzione di CO2. Su 1/3 del territorio cinese cadono piogge acide, ½ delle sue acque è inutilizzabile, 750.000 persone muoiono ogni anno per lo smog e 10 delle sue città sono tra le 20 più inquinate del mondo.
Se è vero che dagli anni ’90 ad oggi 400 milioni di persone hanno superato la soglia di povertà: è anche vero che per altrettanti 400 milioni il passaggio non c’è stato. I poverissimi sono ancora tanti. I contadini delle campagne non possono avere assistenza medica e sanitaria, perché è a pagamento; lo Stato non prevede per loro pensioni o assegni; 180 milioni di persone vivono con meno di 1 euro al giorno. Il tasso di disoccupazione e alto e i posti di lavoro scarseggiano. Nel contempo, però, l’America esporta programmi e didattica cinese, il numero dei laureati annui aumenta, 1731 sono gli atenei cinesi, 750 i centri internazionali di Ricerca e Sviluppo.
Come sono possibili contraddizioni di questa specie? Come può uno stato lasciare 800 milioni di contadini senza pensione e poi investire nella ricerca scientifica? Come può un’amministrazione pubblica sfollare 1.200 mila persone per costruire una diga che potrebbe rivelarsi un secondo Vajon? Com’è possibile abbandonare i propri cittadini alla corruzione? E’ realmente fattibile la crescita per un paese che ospita al suo interno tali incoerenze? Se poi da queste antinomie derivano contrasti e rivoluzioni popolari, l’obiettivo primo continua ad essere la crescita? Quindi, la Cina sarà destina a crescere smisuratamente o saranno proprio i suoi contrasti interni a farla cadere? Credo che l’unica risposta plausibile sia da ricondurre alle future sorti della sua popolazione. Se infatti la classe dirigente riuscirà a sanare le storpiature che investono il paese, riducendo il numero dei poverissimi, offrendo alla forza lavoro posti d’impiego e assicurando un minimo di sanità; allora il processo di crescita continuerà. Non va mai dimenticato che un paese si regge sulla mani della sua popolazione, che il suo sviluppo si deve ai cervelli delle persone che lo popolano, così come la sua produzione e tutto il resto. Una nazione rimane vuota e incapace di risollevarsi senza un popolo che la anima dal suo interno.

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