La fotografia è un segreto che parla di un segreto. Più essa racconta, meno è possibile conoscere.

sabato 20 ottobre 2007

Web 2.0: la battaglia per la libertà



Birmania, Myanmar.
La folla è impazzita, seguita dalle truppe della giunta militare che sparano ad altezza uomo. L'immagine del fotografo riversa a terra è passata più volte anche sui nostri quotidiani.
Il simbolo della libertà: un operatore con una semplice macchina fotografica, immobile, davanti al militare che, a sangue freddo, lo colpisce più e più volte. Il gruppo continua a correre quasi come se non si fosse accorto di nulla.Ed ora il nostro uomo in fin di vita non rappresenta più un pericolo. E già perchè la sua morte non è casuale. La giunta militare ha tentato più volte di isolare il popolo birmano. Lasciarlo da solo in una condizione di assoluta impossibilità e paura. Il fotografo rappresentava tutto quello che loro odiano: l'indipendenza, il coraggio, la forza della comunicazione. Ma il potere del web 2.0 sta proprio in questo. Riuscire ad immortalare un'immagine e renderla accessibile a tutti, in tutto il mondo. E così quella forza brutale che voleva mettere a tacere un istinto innato nei giornalisti, quello di mostrare la realtà, è stata registrata e ha indignato un mondo intero, abituato alla libertà. Del resto sono stati gli stessi monaci con le loro toghe purpuree a sfilare sugli schermi della nostra tv attraverso la grande piattaforma di internet. Nel nostro piccolo stiamo combattendo la stessa battaglia dei monaci. Andiamo avanti nel nostro e nel loro cammino ogni qual volta esprimiamo un giudizio, raccontiamo o semplicemente mettiamo una foto sul nostro blog. Perchè, al di là di tutto, la battaglia che combattiamo ogni giorno, da quando apriamo gli occhi fin quando li richiudiamo alla sera, è quella per la libertà. Una libertà di espressione e di comunicazione che i nuovi mezzi informatici non hanno fatto altro che aumentare. La possibilità che ognuno di noi ha di scrivere e informare il pubblico del web non è vista di buon occhio da tutti. C'è chi non accetta il fatto che semplici studenti come noi, in questo momento, possano liberamente commentare un articolo o un video di interesse comune senza freni o linee guida. C'è chi ha paura che l'opinione pubblica possa mal informarsi attraverso i nostri "diari" web. Ma che pericolo è celato dietro pochi studenti universitari che la mattina del sabato, mentre i loro amici ancora ronfano, assonnati e stanchi scrivono poche righe?

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